Qualche dato anagrafico. Don Matteo, 42 anni, nato a Milano. Un fratello più grande e due nipoti. Formazione cattolica, liceo classico. Frequenta il catechismo nella Parrocchia Sacra Famiglia di Cinisello Balsamo, chierichetto e poi educatore in oratorio. In seminario a 19 anni. Significative le attività di servizio al carcere di San Vittore e di diaconato nella parrocchia di Melzo. Prete a 25 anni, giovanissimo. Coadiutore dell'oratorio a Melegnano per nove anni. Dal 2012 vicario parrocchiale del Fopponino e di Santa Maria Segreta. Assistente ecclesiastico del gruppo scout Milano 22, ha conseguito la licenza (specializzazione) in teologia. Cintura nera (terzo dan) di judo. Da poche settimane al Gesù Buon Pastore, con cui collaborava già da anni alla pastorale giovanile.
Per conoscerlo, abbiamo rivolto a don Matteo alcune domande.
Viviamo in un mondo sempre più complesso. Osserviamo la solitudine di ampie fette di società, la crisi della famiglia tradizionale (recentemente è stata approvata alla Camera la legge Zan sulla omotransfobia), i tanti egoismi indotti dagli squilibri sociali. Si aggiungono, oggi, le ferite inferte dal Covid-19. Dal tuo punto di vista, quale immagine hai della società?
Fortunatamente viviamo in una zona di Milano privilegiata, in cui si sentono meno le urgenze legate al disagio sociale e alla povertà rispetto ai quartieri di periferia della città. Tuttavia, fatiche e squilibri sociali sono cresciuti negli anni ed oggi sono acuiti dalla crisi pandemica. Illuminante è il discorso di papa Francesco dal sagrato di San Pietro, a marzo, che dice «Siamo tutti sulla stessa barca. Ci siamo illusi di rimanere sani in un mondo malato» e ci richiama alle nostre responsabilità, affermando che non è il tempo del giudizio di Dio nei nostri confronti, ma è il tempo del nostro giudizio sulle nostre azioni.
Due parole sul tema della famiglia. La mia opinione è che la Chiesa non abbia più una voce di egemonia culturale. In un mondo plurale, la nostra visione si aggiunge a tante altre ed è spesso poco ascoltata. Per questo dovremmo proporci portatori di una verità che non appaia limitante e avvilente, ma, piuttosto, attraente, perché capace di cogliere la ricca essenza della natura umana. Come viene sostenuto nell'esortazione apostolica "Evangelii Gaudium" da papa Francesco, siamo in missione in un mondo che esprime una molteplicità di voci diverse.
Quali sono le emergenze che ti sembrano più urgenti?
Per la mia esperienza, ho a cuore il disagio giovanile. Mi accorgo che, purtroppo, i giovani faticano a trovare spazio e ad affermarsi. Purtroppo la loro crescita non è una priorità per la nostra società, come testimonia il modo con cui è stata affrontata la questione della scuola in questi mesi di covid.
Poi aggiungo la solitudine degli anziani, acuita dalla pandemia. Penso alle tante morti in totale solitudine. Mi immagino i tanti anziani chiusi in casa nei loro condomini e mi chiedo se trovino aiuto e sostegno.
Quali potenzialità per la società di domani?
Ci sono tante risorse straordinarie, che costituiscono l'ossatura della nostra società. Nella prima fase della pandemia, si è sperimentato il senso di solidarietà, di comunione e di vicinanza, nonostante il marcato individualismo che ci contraddistingue.
Ritorno ai giovani. Essi sono una straordinaria potenzialità. Pensiamo alla loro sensibilità sulle questioni ambientali. Pensiamo al movimento "Friday for future". Le nuove generazioni costituiscono l'avanguardia del futuro, sebbene siano state le più penalizzate nel periodo pandemico. Pensiamo alla sospensione della scuola.
Restringiamo il campo alla nostra parrocchia e consideriamo la tua missione pastorale. Qual è la tua diagnosi dello stato di salute della nostra comunità parrocchiale?
Non penso di potermi permettere giudizi, perché sono qui da troppo poco tempo ed ho una conoscenza parziale, limitata alla solo fascia giovanile. Occorre tempo per individuare punti di forza e carenze. Inoltre il pastore appena arrivato deve tenere un atteggiamento di rispetto nei confronti di ciò che è stato costruito negli anni passati, e che è il risultato di un cammino condiviso.
Premesso questo, la sensazione iniziale è stata molto positiva. Ho trovato un Consiglio Pastorale rappresentativo, per fasce d'età e ruoli, vivace e propositivo. Poi, la disponibilità e la competenza dei collaboratori agli affari economici mi ha rassicurato molto. Ho conosciuto i catechisti, motivati e molto attivi.
Quale progetto proponi per la crescita della comunità? Intorno a quali temi sviluppi la tua proposta pastorale?
Mi piacerebbe proseguire sul percorso già fatto in questi anni. Individuo tre ambiti d'azione.
1. Il tema della comunità. Già al centro dell'attività di crescita pastorale condotta da don Luigi, la quale ha trovato nella Messa domenicale il suo momento di sintesi. Andrebbe rafforzata l'idea che ogni iniziativa non sia un tassello isolato, ma una parte del mosaico che compone la nostra comunità. Tanti passi sono stati già fatti con don Luigi e noi proseguiremo.
2. L'ambito caritativo mi sembra un po' in difficoltà. Mi piacerebbe rilanciarlo e potenziarlo.
3. Questo tema è legato al mio mandato di amministratore parrocchiale. Dovremmo avviare il cammino di comunione tra le tra realtà parrocchiali (Fopponino, Santa Maria Segreta e Gesù Buon Pastore). Si tratta di un percorso nuovo, che dovremo pensare insieme.
Infine la pandemia ci invita a ritrovare e valorizzare le cose essenziali. Ne individuo due: 1. la liturgia, che, per ora, è l'unica attività possibile in parrocchia. Mi piacerebbe ribadire la centralità dell'eucarestia, facendo attenzione alla qualità della celebrazione, e rendendola un momento di partecipazione attiva. 2. Proporre la famiglia come primo luogo di preghiera.
Riprendiamo le parole di San Paolo: carismi, ministeri e operazioni. Essi suggeriscono una visione laica della comunità, in cui i carismi di ciascuno sono accolti, valorizzati nei ministeri e realizzati in opere di servizio. Che ne pensi? Come promuovere un organismo laico di crescita nella fede?
Nel tempo stiamo passando da un cristianesimo "di popolo" ad uno "di scelta". Ed ora chi sceglie il cristianesimo si deve sentire parte attiva di un organismo plurale, dove al prete si aggiunge ogni singolo battezzato, con i suoi carismi ed il suo ruolo. Gli strumenti per realizzare un organismo plurale e condiviso sono i diversi consigli parrocchiali (pastorale, degli affari economici, dell'oratorio, ecc.). Inoltre, vorrei citare la diaconia, ossia il consiglio della futura comunità pastorale, composto da sacerdoti e laici. è fondamentale che questi gruppi siano sempre aperti all'accoglienza e all'inclusione, come già avete imparato in questi anni sotto la guida di don Luigi.
Giovanni Lancioni
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